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Nel 2014 il Fisco è stato sconfitto dai contribuenti in oltre il 50% dei contenziosi.
In oltre la metà dei contenziosi con i contribuenti il Fisco italiano ha torto. Dei contenziosi tributari risolti nel 2014, infatti, 3,6 miliardi sono (faticosamente) tornati nelle casse dei contribuenti, contro i 3,5 sono rimasti (o arrivati) nelle casse dell’Agenzia delle Entrate.
E’ quanto emerge dai dati relativi all’inizio dell’anno in corso, che dimostrano che, in percentuale, opporsi ai tributi ritenuti illegittimi paga, anche se spesso con grande ritardo, e non sempre restituisce il tempo e le spese sostenute per dimostrare la propria innocenza. Se il contribuente si vede riconoscere le proprie ragioni, d’altro canto, sarà solo dopo il terzo grado di giudizio, ovvero dopo circa 10 anni, che potrà riappropriarsi di quanto gli spettava, comprese le spese legali. E – la cosa suona per certi versi beffarda – per impugnare una causa contro il Fisco è necessario versare un “contributo unificato” (di fatto un’altra imposta), di ben 4500 euro. A ciò si dovranno evidentemente aggiungere le perdite dovute al tempo e ai fondi sottratti dal contribuente alla produzione per sostenere il contenzioso.
Il quadro presenta tuttavia, va detto, anche sfumature positive. Se, infatti, il rapporto contribuente-Fisco resta ancora caratterizzato da uno sbilanciamento a favore del secondo, è pur vero che già nel 2013 si registrava una diminuzione del 3% dei ricorsi presentati contro l’Agenzia delle Entrate. Segno che forse i tributi richiesti sono più vicini alle aspettative e ai calcoli di chi li deve pagare, e probabilmente sono numericamente più esatti.