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martedì 22 luglio 2014

MAR JONIO: PROVE DI COME LO STATO ITALIANO HA SCARICATO RIFIUTI RADIOATTIVI PER 40 ANNI

20.7.14





Bandierine blu a buon mercato? Piuttosto: addio alla salute pubblica. La nocività ambientale eletta a prassi di uno Stato criminale. Le conseguenze sanitarie a danno della popolazione di ben tre regioni (Lucania, Puglia, Calabria) nonché di innumerevoli malcapitati, e dell’habitat marino non sono mai state prese in considerazione, da chi detiene il potere locale, nazionale ed europeo. Ecco una serie di documenti scientifici nazionali e internazionali
che attestano inequivocabilmente lo sversamento deliberato prima nel fiume Sinni e poi, fino ai giorni nostri nello Jonio, di scorie radioattive dal centro nucleare statale della Trisaia di Rotondella (gestione: Cnen, Eni, Combustibili Nucleari, Ukaea, United States of America, Enea, infine Sogin).




Cancro a norma di legge: tutto previsto e tutto calcolato dallo Stato tricolore. Il titolo e l’incipit della relazione presentata nel 1972 dal CNEN sono sconcertanti: «La diffusione di effluenti radioattivi nel golfo di Taranto…Nei prossimi anni il Golfo di Taranto sarà interessato da scarichi di rifiuti liquidi radioattiva di basso livello provenienti dall'impianto di riprocessamento del combustibili irraggiato recentemente costruito sul sito della Trisaia, presso Rotondella (Lucania). Il Laboratorio per lo Studio della Contaminazione Radioattiva del mare (CNEN) con sede a Piascherino è incaricato di studiare il problema della contaminazione dell'ambiente marino sotto il duplice aspetto della diffusione su scala locale nell'intorno del punto di scarico e della potenziale ricettività dell'intero Golfo, nei confronti di uno scarico continuo». 





Sempre nel ‘72 la Guida alla conoscenza dell'Itrec e del programma per il combustibile uranio-torio (l’Elk-River Unites States of America) rivelava che «l'ambiente marino antistante in grado di smaltire eventuali effluenti con un opportuno posizionamento del terminale della condotta di scarico». Nel 1973 viene sfornato il “Rapporto di sicurezza dell'impianto”: «Lo scarico giornaliero di circa 600 metri cubi di effluenti attivi ha posto il problema della ricettività dell'ambiente in cui detto scarico viene operato». Gli esperti di Stato sversarono inizialmente nel fiume come soluzione temporanea in previsione della realizzazione della condotta a mare.  


Mentre la gente ignara del gravissimo pericolo si bagnava in questo mare di morte, nel '95 la Commissione interna sul mar Mediterraneo nel Rapporto 34 sintetizzò uno studio sul plutonio 239 e 240 nei sedimenti superficiali e profondi del mar Ionio e del bacino algerino (utile alla comparazione del trasporto del plutonio dalla costa al mare aperto e profondo).  La concentrazione del plutonio nella valle di Taranto - annotavano gli scienziati - (con canyon che arrivavano sino a 2000 m sotto il mare), era sino a 20 volte più elevata rispetto al mare aperto algerino come «conseguenza di processi produttivi che insistono considerevolmente in un'area chiusa e che vedono l'apporto di fiumi che producono la rimozione del plutonio». 



La conformazione del Golfo di Taranto evidenziava che i particolati esportati dai fiumi e i radionuclidi associati erano trasportati nei canyon dove le condizioni idrodinamiche facilitavano la risospensione dei sedimenti. In generale, asserivano, il plutonio decresce andando più in profondità nei canyon (venne riscontrato sino a 15cm sotto i sedimenti a 2000m di profondità). Sotto la linea di costa però, e sino a 30 cm nei sedimenti, aveva un range da 90 a 160 Bq/m2 (metro quadro, ndr), e in tutti i casi si trattava di valori ben al di sopra di quelli da deposizione da fallout. Tali valori, osservando la figura che inseriscono nello studio, venivano rilevati sul mare antistante il Sinni e il Basento. Un campione preso a 450m di profondità a circa 15km dalla foce del Sinni registrava valori di plutonio maggiori di 160Bq/m2, un altro campione, prelevato a 150m di profondità a circa 5km dalla foce del Basento presentava valori di plutonio maggiori di 123Bq/m2. Per i due campioni riportavano solo il limite più basso perché le concentrazioni di plutonio, asserivano, erano ancora alte nei sedimenti delle carote prelevate.

Negli anni seguenti altri studi (ad esempio: “Presence and distributionof plutonium isotopes in two typical marine systems Taranto and Venice Gulfs”) hanno accertato la presenza di plutonio 239 e plutonio 240 nello Jonio.

La valutazione della radioattività nell'acqua, nel plankton, negli organismi acquatici dei fondali e dei sedimenti, scrivevano in uno studio del '71 Euratom-Cnen, è necessaria per determinare l'aumento della radioattività nel mare dopo il contatto con i radionuclidi dei rifiuti scaricati dall'impianto Trisaia.  L'analisi radiochimica del mare e del plankton scrivono pure, «ci abilita a determinare quantitativamente certi radionuclidi artificiali che in futuro potrebbero presentarsi in larga quantità nei substrati marini come risultato dello scarico radioattivo» In tutti i campioni di plankton raccolti in varie zone e a differenti profondità, ricordano, è stato notato un considerevole aumento della radioattività beta totale. Ancora nel 2011, nel rapporto annuale dell'Arpab, a pagina 8 si parla di livelli anomali del più tossico Cs137 nei sedimenti marini prelevati in prossimità dello scarico degli effluenti liquidi dell’Itrec.

Il danno è irreversibile: il plutonio ha un'emivita di 24 mila anni. Questo rilascio continuo e deliberato di rifiuti nucleari in mare, di cui è responsabile lo Stato italiano ha determinato la contaminazione di interi ecosistemi. Ma che impatto ha avuto sulla salute della popolazione? Volutamente, non esiste uno straccio di indagine epidemiologica. Cittadine e cittadini italiani sono considerati da chi "governa per conto terzi" alla stregua di cavie. Come attesta la letteratura scientica in materia, qualsiasi dose radioattiva è in grado di innescare processi di mutagenesi. In più: il cancro è assicurato. 

fonte:sulatestagiannilannes.blogspot.it


riferimenti:











http://www.comune.rotondella.mt.it/public/documenti /PRESENTAZIONE_PIANO_DI%20PROTEZIONE_CIVILE_ROTONDELLA.pdf















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