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mercoledì 18 giugno 2014

LA BOLDRINI IN RITIRO AL CASTELLO DI TITIGNANO, OBIETTIVO: RIVEDERE LA PROPRIA IMMAGINE.

BOLDRINI
Laura Boldrini s’è stufata degli insulti. E vuole correre ai ripari. La domanda che si è posta la presidente della Camera, grossomodo, suona così: perché tutti mi odiano? Trovare la risposta, naturalmente, è complicatissimo, e lei per prima deve essersi resa conto di non poterci riuscire da sola. Da qui l’idea di farsi aiutare da qualcuno. Cioè Gad Lerner, Elena Montecchi e Massimo Recalcati. Un giornalista popolare, un politico navigato e uno psicanalista di grido. Gente competente e capace, abituata a confrontarsi quotidianamente con l’opinione pubblica e con lo scorrere dei pensieri altrui. Qualche giorno fa la Boldrini li ha convocati insieme ad alcuni membri del suo staff in un agriturismo nel sud dell’Umbria, e gli ha chiesto di darle una mano a capire cosa c’è che non va nei suoi modi e nella sua immagine. Perché evidentemente, soprattutto nel suo rapporto col M5S, esiste quantomeno un difetto di comunicazione.

Ora, Laura Boldrini è una donna forte. Quando è arrivata in Parlamento, poco più di un anno fa, era considerata una sorta di icona della sinistra più movimentista e meno salottiera. Per più di vent’anni aveva lavorato nelle massime istituzioni internazionali, e dal 1998 al 2012 aveva ricoperto l’incarico di portavoce dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu. Donna forte e di potere, quindi, che non aveva mai avuto paura di sporcarsi le mani e metterci la faccia. Ora, però, la situazione sembra essersi capovolta. Icona sì, ma del Palazzo. Se nel blog di Beppe Grillo si facesse un sondaggio sul personaggio politico più detestabile dei giorni nostri probabilmente Laura Boldrini non avrebbe avversari. Per il Movimento 5 Stelle la presidente della Camera è qualcosa di simile al nemico pubblico numero uno. La caterva di insulti e insinuazioni da cui viene bersagliata on-line è impressionante. E il suo rapporto coi deputati grillini, a Montecitorio, somiglia a un’estenuante guerra di nervi.
Ecco a cosa di deve l’idea dell’incontro con Lerner e gli altri. Il posto scelto per questo piccolo consesso, svoltosi lo scorso fine settimana, è splendido. Il Castello di Titignano in realtà è una sorta di piccolo borgo medievale arroccato su uno degli alti colli che accompagnano il corso del Tevere tra Todi e Orvieto. Un luogo spartano, affacciato sulla gola del lago di Corbara, lontano dalla bolgia romana e da quella ancor più infernale della Rete. Niente lusso (basta dare un’occhiata al sito: prezzi decisamente accessibili), nessuna gozzoviglia, un clima da meditazione, quasi francescano, perfetto per il confronto e il ragionamento. La proprietà della struttura conferma la presenza, ma – come chi sa fare bene il mestiere di ospite - non ha nulla da aggiungere. Pare che a Titignano la Boldrini sia arrivata attraverso la dritta di certi amministratori dei dintorni, che almeno fino all’altro ieri pendevano tutti dalla sua parte politica. E quest’incontro era in programma già da settimane: non si tratta, per dire, di un’accelerazione seguita all’ultima polemica in ordine di tempo, quella, risalente a una settimana fa, sui barbieri di Montecitorio e i loro nuovi servigi per le chiome delle deputate.
Sui frutti della due giorni di Titignano, però, niente è dato sapere. È possibile farsene un’idea, forse, pensando alle biografie dei convenuti. Elena Montecchi, sessantenne reggiana, è una dalemiana di ferro che è stata in Parlamento dal 1986 al 2006 facendo la trafila Pci-Pds-Ds, ricoprendo anche svariati incarichi di governo negli esecutivi Prodi e, appunto, D’Alema. Massimo Recalcati è un apprezzato psicanalista lacaniano dai modi rivoluzionari che da qualche tempo viaggia sulla cresta dell’onda, scrive libri di successo e appare frequentemente in televisione. Gad Lerner, invece, è Gad Lerner. Giusto un paio di giorni fa, tra l’altro, anche lui si è preso la propria dose di insulti (antisemiti) nel blog di Beppe Grillo. L’esperto che diventa a sua volta vittima del problema, insomma. Come a ribadire che rispondere alla tormentata domanda della Boldrini – Perché tutti mi odiano? – è un compito davvero proibitivo. E forse riguarda qualcosa che va al di là della politica, della mera capacità di comunicazione e della psicologia.

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